A vent'anni dalla caduta del Muro

 
La presidente Patrizia Casagrande
La presidente Patrizia Casagrande

Intervento della presidente della Provincia di Ancona Patrizia Casagrande Esposto


Vent'anni fa cadeva il Muro di Berlino, forse il simbolo più noto della guerra fredda e della divisione del mondo in blocchi tra due mondi che, a partire dal secondo dopoguerra, avevano rappresentato due concezioni diverse di società. Un evento che, mentre chiudeva anzitempo il Novecento, il secolo delle ideologie, dei grandi conflitti mondiali, degli olocausti, sembrava preannunciare una nuova era di pace e prosperità. Sentimenti che si traducevano nelle immagini degli abbracci, dei sorrisi e delle lacrime di migliaia di berlinesi festanti sopra le macerie. Un grande impulso di libertà, non solo per i tedeschi, ma anche per tutti coloro che da sempre inseguivano il sogno europeo. Un sogno che in quel momento appariva finalmente più vicino, a portata di mano.

 

In generale, trovo che ogni celebrazione dovrebbe contenere in sé un motivo di riflessione sul fatto che si vuol con essa tramandare.

 

Un fatto epocale, destinato a incidere fortemente sulle vicende umane e politiche, individuali e collettive, di milioni di persone. Ma le celebrazioni di questi giorni mi hanno spinto a ripercorrere a ritroso questi vent'anni e a pormi interrogativi difficili, eppure non capziosi, che spesso sfuggono a chi pretende di appropriarsi e di catalogare fatti che potrebbero e dovrebbero essere considerati patrimonio comune dell'umanità.

 

Ad esempio, oggi, dopo un ventennio e senza alcuna nostalgia, mi chiedo cosa resta di quel anelito di libertà e delle speranze suscitate nell'immediato? E se il mondo ha davvero imparato la lezione di allora? Ma soprattutto: quelle promesse di pace e prosperità sono state mantenute?

 

Purtroppo gli anni '90 e il nuovo millennio hanno disatteso molte aspettative. Sul piano internazionale abbiamo assistito al moltiplicarsi di conflitti, all'emergere del terrorismo, al crescere su scala planetaria di nuove e pericolose inquietudini che la globalizzazione ha contribuito rendere tangibili nella sfera quotidiana. Il frutto amaro è stato il sorgere di nuovi muri, non più di cemento e filo spinato, ma costruiti su un coacervo di pulsioni irrazionali, non per questo meno pericolose, che si chiamano discriminazione, pregiudizio, paura, ingiustizia, egoismo.

 

Credo che ricordare il ventennale della caduta del Muro di Berlino, debba essere occasione di ripensare non solo quel 9 novembre, ma ciò che da quel giorno scaturì, recuperando il significato più profondo di quegli eventi e, se ne siamo capaci, ripartire da lì per un nuovo inizio, per ritessere la trama di quei valori di pace, democrazia e solidarietà. Gli stessi che quel lontano novembre del 1989 resero possibile quel grande atto collettivo di libertà.

 

 

 

Ancona, 10 agosto 2009