DONNE E LAVORO / Parla la Consigliera di Parità della Provincia

 
Bianca Maria Orciani, Consigliera di Parità per la Provincia di Ancona
Bianca Maria Orciani, Consigliera di Parità per la Provincia di Ancona

L'intervista pubblicata su Qdmnotizie.it a firma di Eleonora Dottori il 15 marzo 2021

Bianca Maria Orciani è esperta nelle discipline lavoristiche e svolge da anni attività di ricerca e docenza sui temi del diritto del lavoro

La crisi aperta dal Covid ha avuto un impatto molto forte sull’occupazione femminile: dei 100 mila posti di lavoro persi, 90 mila erano occupati da donne. I numeri a livello nazionale rispecchiano quel che accade anche a livello locale.
Il compito di garantire e promuovere l’attuazione dei principi di uguaglianza di pari opportunità e di non discriminazione tra uomini e donne nel lavoro è proprio della Consigliera effettiva di parità della Provincia di Ancona, ruolo ricoperto da Bianca Maria Orciani.

Quali sono i compiti della Consigliera di Parità? Perché questo ruolo è importante?
«La Consigliera di parità è una figura nominata dal Ministero del lavoro che opera sul territorio (può essere nazionale, regionale o provinciale) con il compito di garantire e promuovere l’attuazione dei principi di uguaglianza di pari opportunità e di non discriminazione tra uomini e donne nel lavoro. Si tratta di un ruolo importante perché possiamo agire in vari modi per correggere le situazioni in cui esistono squilibri di genere, attraverso, ad esempio, la promozione e la realizzazione di progetti di Azioni Positive da parte dei soggetti pubblici e privati che operano nel mercato del lavoro. Le Azioni Positive sono misure specifiche e temporanee finalizzate alla eliminazione degli ostacoli che impediscono le pari opportunità fra uomo e donna nel lavoro. Un esempio di azione positiva è la realizzazione di interventi formativi che mirano a promuovere la leadership femminile e la cultura di genere nelle organizzazioni. Ricordo che nel Pubblico Impiego la mancata adozione del Piano di Azioni Positive non solo impedisce all’Ente di poter procedere alle assunzioni, ma incide anche sulla valutazione della produttività. Allo stesso modo ricordo l’importanza dei Comitati Unici di Garanzia (Cug) che hanno il compito di assicurare la parità di genere, la tutela contro le discriminazioni e il mobbing nonché di prevenire ogni forma di violenza fisica e piscologica nei confronti dei dipendenti dell’Ente Pubblico. Alla fine di novembre dello scorso anno è stato siglato dalla Ministra per le Pari Opportunità e la famiglia, dalla Ministra per la Pubblica Amministrazione e dalla Rete dei Cug un importante protocollo d’intesa per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere interna ed esterna. Si tratta, evidentemente, di una formidabile arma in più per promuovere le pari opportunità e combattere le discriminazioni di genere nel settore pubblico dove la presenza di fenomeni discriminatori non è meno significativa di quella del settore privato. Con la differenza che nel settore privato la presenza di organismi volti a garantire le pari opportunità all’interno dei luoghi di lavoro, essendo d’origine contrattuale, è spesso prerogativa delle aziende più grandi e strutturate. Se a ciò si aggiunge il fatto che le Azioni Positive nel settore privato non sono obbligatorie, ben si comprende l’assoluta centralità del ruolo delle organizzazioni sindacali e datoriali nella promozione di politiche volte a garantire le pari opportunità e contrastare le pratiche discriminatorie all’interno delle aziende private».

Per quanto riguarda l’azione di contrasto alle discriminazioni di genere?
«L’azione di contrasto alle discriminazioni di genere è l’altra costante del mandato della Consigliera di Parità. Nell’esercizio delle funzioni la Consigliera è un pubblico ufficiale è ha l’obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria dei reati di cui viene a conoscenza. Alla Consigliera di parità si possono rivolgere, in forma totalmente gratuita, donne e uomini che ritengono di essere discriminate/i. Ancora oggi le donne sono vittime di vessazioni e pratiche discriminatorie odiose come le dimissioni in bianco. Per i casi individuali, su mandato dell’interessata/o, la Consigliera di parità può promuovere conciliazioni presso la Direzione Provinciale del Lavoro e/o produrre ricorso giudiziale affinché il giudice accerti la discriminazione e ordini un piano di rimozione di tale situazione. Grazie all’attività della precedente Consigliera, la dott.ssa Pina Ferraro, è operativo un protocollo contro le discriminazioni di genere siglato con la Direzione dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Ancona che ha l’obiettivo di individuare procedure efficaci di rilevazione delle violazioni alla normativa in materia di parità, pari opportunità».

Quali sono i suoi obiettivi? Cosa si porta della sua esperienza lavorativa?
«Un noto proverbio africano recita che per educare un bambino è necessario un intero villaggio a significare l’importanza per ogni essere umano di sentirsi parte di un insieme. Quando penso al lavoro che mi aspetta nei prossimi quattro anni penso a un’alleanza con tutti i soggetti che operano sul territorio e che intendono mettere al centro della propria azione i temi della parità e l’azione di contrasto alle discriminazioni di genere. In occasione dell’8 marzo il Presidente della Repubblica ha concluso il suo discorso affermando che la parità di genere non è solo una grave questione economica e sociale. Ma è una grande questione culturale ed educativa. Intendo considerare quelle parole come una preziosa indicazione sul percorso da intraprendere, portando con me quell’attenzione al confronto e al dialogo e quel profondo senso della giustizia che caratterizzano da sempre il mio vissuto personale e professionale».

Nella nostra regione molte donne sono scese in piazza e anche in questi giorni hanno manifestato per i loro diritti: consultori, aborto, autodeterminazione. Cosa ne pensa?
«Elisabeth Badinter ha scritto che la diversità dei sessi è un dato di fatto, ma essa non predestina ai ruoli e alle funzioni. Allo stesso modo non esistono due identità incise nel marmo. Una volta acquisito il senso della propria identità, ogni adulto ne fa ciò che vuole o ciò che può. Viviamo in un Paese in cui esiste un modello culturale e identitario segregante nei confronti delle donne dissimulato da dichiarazioni e intenti paritari. Continuare a declinare il femminile e, più in generale il diverso, rispetto al maschile, ci condanna a ribadirne la superiorità come categoria univocamente descrittiva dell’esperienza umana. Fino a quando la misura del progredire delle donne è decisa dagli uomini, i termini parità di genere, eguaglianza di genere, sono vuoti simulacri. Per questo è fondamentale un’operazione di culturale che non può che partire dalla scuola. L’educazione all’eguaglianza passa attraverso l’educazione al rispetto. Come ha ricordato il Presidente della Repubblica, educare al rispetto che significa riconoscere all’altra persona, con le sue specificità, la stessa identica dignità che ognuno riconosce a se stesso, con eguali capacità, con eguali diritti».