Intervento della presidente della Provincia di Ancona Patrizia Casagrande Esposto
Nel 2000, il Parlamento italiano, sulla scia di molti altri paesi europei, decise di dichiarare il 27 gennaio, data che ricorda la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, Giorno della Memoria in ricordo delle vittime del nazismo e dell'Olocausto. Una scelta importante, che si ricollega allo spirito e ai principi della nostra Carta costituzionale e che, sottolineando il valore del ricordo, ci mette in guardia affinché in futuro mai più possano verificarsi gli orrori indicibili di uno dei periodo più cupi della storia contemporanea. Condividendone le ragioni e le motivazioni, la Provincia di Ancona, negli anni, ha voluto sempre dare rilevanza a questa commemorazione con iniziative diverse, coinvolgendo le istituzioni locali, le associazioni e la società civile, per dare testimonianza dei radicati sentimenti di democrazia, pace, tolleranza che albergano nella nostra comunità e rinvigorirne il loro significato, più attuale che mai.
Un eco che ricorre anche nel messaggio che, quest'anno, abbiamo voluto associare alla ricorrenza, prendendo in prestito il pensiero forte e lucido di Primo Levi: «Non è accettabile la teoria della violenza preventiva: dalla violenza non nasce che violenza, in una pendolarità che si esalta nel tempo invece di smorzarsi». È la frase visibile nei manifesti affissi in tutto il territorio provinciale, tratta da I sommersi e i salvati, opera con la quale il grande scrittore ha voluto trasmettere a intere generazioni la sua esperienza di internato, contribuendo a rendere tangibile la memoria di fatti terribili ma anche ammonendoci dai meccanismi che creano zone grigie dove questi si alimentano delle debolezze umane, degli egoismi, dei vizi e delle indifferenze. Uno specchio in cui sembrano riflettersi tante dinamiche del nostro presente.
Così ci è sembrato, con questa decisione, di adempiere a quel dovere che si addice alle donne e agli uomini liberi, di denunciare sempre e comunque il ricorso alla violenza, a una violenza che si esterna in mille modi, nella discriminazione della diversità, nel sopruso contro i più deboli, nelle tante angherie consumate quotidianamente ad ogni latitudine nei confronti dei nostri simili.
A questa violenza corre l'obbligo di rispondere con le armi dei più forti. Quelle della cultura, perché solo chi non conosce può restare indifferente alle sofferenze degli uomini e dei popoli. Quelle del rispetto e della solidarietà, perché solo chi non è capace di indignarsi per i torti subiti dai suoi simili può ignorare le ingiustizie. Quella della buona politica, perché solo chi sceglie il disimpegno può illudersi di restare al riparo dagli eventi negativi.
Abbiamo bisogno di ricordare ciò che siamo stati, di non dimenticare la nostra storia, le nostre origini, la nostra identità. Riflettiamo sul nostro passato e saremo già sulla strada di un mondo migliore e più giusto.