Arcevia 1944, la presidente della Provincia di Ancona Patrizia Casagrande: "Verità, rispetto e giustizia vanno di pari passo con la difesa della Costituzione"

 
La Presidente Patrizia Casagrande
La Presidente Patrizia Casagrande

Sappiamo bene come oggi, più che in passato, il lavoro di chi persegue la chimera di una storia condivisa del nostro Paese, assume frequentemente il profilo del proverbiale vaso di terracotta tra molti vasi di ferro di manzoniana memoria, ben rappresentati da vulgate storiografiche improvvisate, spesso a rapido uso e consumo di posizione politiche e quasi sempre prive di basi scientifiche. Per questo, quando a suscitare il dibattito pubblico sono luttuosi episodi che, pur lontani negli anni, ancora richiamano dolori mai leniti e ferite ancora aperte, cautela e responsabilità dovrebbero costituire l'alfa e l'omega di ogni interlocutore.

Il riferimento è a come in questi giorni, non solo sulla stampa, vengono trattati i fatti che nel luglio del 1944 portarono alla morte 13 di cittadini giudicati spie dei nazifascisti, ai quali vennero imputate gravi responsabilità da parte dei partigiani per l'eccidio di 63 civili inermi nella frazione arceviese di Monte Sant'Angelo avvenuto nel maggio precedente. Sia ben chiaro, lungi da me propositi di censura o di ostacolo alla ricerca della verità, che è un sacrosanto dovere che si deve a chiunque e rappresenta soprattutto l'elemento imprescindibile di una storia davvero condivisa.

Ma non posso non riscontrare che forme, linguaggi e contenuti con i quali si veicola all'opinione pubblica questi fatti hanno ben poco di pacificatorio. Non compete a me giudicare quei fatti, a questo penseranno gli storici e, se davvero verrà aperto un processo, i magistrati. Ma sono convinta che non è inferendo un torto che eventualmente se ne ripara un altro. Affermando a proposito di quei fatti, come recitano alcuni manifesti affissi nei vari comuni del nostro territorio, "di bande partigiane comuniste slave e italiane che nel 1944 terrorizzavano la zona di Arcevia", si compie scientemente un'opera di mistificazione, ma soprattutto si offende la memoria di chi morì da innocente, reo di aver accolto in casa e dato protezione a chi lottava per la liberazione del Paese dalla guerra e dalla tirannide.

Ciò non è tollerabile come non lo è la vanagloria insita in tutte quelle operazioni pseudo culturali che da ormai un ventennio hanno mascherato il costante attacco a quel patrimonio civile di inestimabile valore che è la Costituzione.
 
Alle istituzioni corre l'obbligo di perseguire la giustizia e di non far mai mancare il rispetto della dignità umana. Ma è un obbligo che va di pari passo con la difesa di quei valori democratici espressi dai principi fondamentali della Costituzione, sempre più spesso messi in discussione anche mediante l'utilizzo di quei cavalli di Troia rappresentati da ricostruzioni storiche forzate e distorte, appositamente allestiti per far breccia tra le crepe del nostro essere collettività.



Ancona, 10 luglio 2009