L'esigenza del 25 aprile

 
La presidente della Provincia Patrizia Casagrande
La presidente della Provincia Patrizia Casagrande

Intervento della presidente della Provincia di Ancona Patrizia Casagrande


Quanto hanno a che fare oggi, a sessantacinque anni dalla Liberazione, gli ideali rappresentati dal 25 aprile con la realtà quotidiana del nostro Paese? È una domanda che, se dovessimo rispondere con alcuni fatti accaduti negli ultimi tempi, credo metterebbe in difficoltà più d'uno tra coloro che credono nell'eredità morale della Resistenza e nel valore della nostra Costituzione.

Quegli ideali di giustizia e libertà, per esempio, nulla hanno a che fare con il disprezzo della vita e della dignità di quelle centinaia di lavoratori immigrati che, nelle tante Rosarno d'Italia, sono costretti a subire miseria, sfruttamento e ricatti o il razzismo istituzionale che si manifesta negando diritti primari alle fasce più deboli . E ancora: come coniugare l'etica del 25 aprile con le terribili speculazioni ordite ai danni della popolazione abruzzese colpita dal terremoto?

Tutto ciò non ha nulla a che fare con la volontà e il sacrificio di chi volle riscattare il Paese non solo dalla guerra, ma dall'offesa che un intero popolo fu costretto a subire con la barbarie della violenza fascista, l'umiliazione delle diverse forme di cultura, la promulgazione delle leggi razziali. Un passato troppo in fretta dimenticato ma, proprio per questo, ancora troppo vicino.

Allora che cosa celebriamo il 25 aprile? La memoria è importante se non scivola nella retorica e, soprattutto, se serve a non dimenticare chi siamo per guardare avanti e imparare dagli errori commessi. Per questo, vorrei che più che una celebrazione, questo 25 aprile fosse vissuto come un'esigenza. Un'esigenza, oggi come allora, di maggiore giustizia e libertà, di rispetto di quelle regole che consentono la convivenza e fanno sentire una comunità più coesa, solidale e accogliente.

Una questione sociale, prima ancora che politico-partitica, che ci impegna a recuperare la disaffezione verso quei valori di un numero crescente di cittadini, con il rischio di allargare lo iato che ci separa dall'Europa in termini di diritti umani e civili.

Da questa esigenza dobbiamo ripartire per riaffermare quella tradizione democratica e solidale che ci appartiene e per arginare quei fenomeni di intolleranza che divampano nella società. Magari seguendo l'esempio di quelle migliaia di giovani che, a dispetto di certi luoghi comuni che hanno interesse a rappresentarli come una vuota massa informe, tornano a manifestare nelle piazze italiane con la Costituzione in mano.

 


Ancona, 25 aprile 2010